Le “armi” della preghiera e del digiuno
Il pericolo di una guerra dai caratteri mondiali è avvertito da tutti: attaccare la Siria, nonostante le nefandezze e atrocità commesse, sarebbe luttuoso e certamente non risolutivo. Un luogo comune dice che la storia è maestra di vita, ma veramente pochi sembrano seguirne gli insegnamenti: l’instabilità del Medio Oriente nonostante guerre, attacchi, ipocrite missioni di pace è stata probabilmente inasprita dai numerosi tentativi di imporre la democrazia, che è percorso culturale lento oltrechè risultato di incontro e dialogo paziente, con le armi e la supremazia dell’esterno.
La guerra chiama guerra che è fallimento di politiche internazionali spesso poco attente alle culture ed alle legittime aspettative e speranze di popolazioni inermi che cadono sotto le macerie, sommerse da una becera lotta di interessi ed esasperate lotte ideologiche. Risorse minerarie, vendita di armi e così via sono gli interessi nascosti dietro le altisonanti parole di democrazia e giustizia, che restano, purtroppo, l’ingenuo grido di innocenti che sperano in un futuro migliore per i loro figli.
L’umanità non può restare silente di fronte a tanto orrore e dolore anzi deve, con uno scatto di pacifica ribellione interiore, porsi accanto agli ultimi, ai rifugiati, alle famiglie delle vittime.
Viviamo col fiato sospeso nell’attesa di conoscere l’esito delle decisioni degli Stati Uniti, della Francia, dell’Inghilterra, dell’ONU per sapere se io, mia figlia, la mia famiglia da domani, seppur virtualmente, saremo in guerra. Perché è così, i social network, i media in generale ci proiettano minuto per minuto sugli scenari internazionali per cui nessuno di noi può dire di non aver sentito, di non aver visto. Nessuno di noi può evitare di sentirsi emotivamente coinvolto dalle vicende storiche che determinano il nostro futuro, il futuro di tante giovani generazioni che sebbene anche solo per puro sfogo lavorativo trovano, proprio, nella vita militare la propria realizzazione.
In ballo c’è il futuro del mondo: noi tutti vorremmo che fosse un futuro di pace, ma cosa fare? Può la nostra voce essere più forte di una cannonata? Si! Soprattutto quando la voce è rivolta a Dio e diventa, nella forma, comunione di cuori, di popoli, di religioni così come richiesto da Papa Francesco, che chiede al mondo intero, sabato 7 settembre, di alzare forte il grido della pace attraverso la corale preghiera. E il digiuno diviene l’arma silenziosa ma potente da contrapporre alle armi di morte e di distruzione. L’evento di sabato sera in piazza S. Pietro ed in contemporanea in migliaia di piazze, parrocchie, comunità, associazioni ecc. è destinato ad essere storico per la sua portata globale e per il forte coinvolgimento interreligioso, per la sua forte valenza civica, oltre che religiosa, nell’affermare il diritto fondamentale dei popoli alla pace.
Ancor di più è l’occasione di mostrare un mondo diverso rispetto a quello in riunione, in questi giorni al G20, un mondo in grado di far sentire la propria voce che non può restare inascoltata. Un’ultima sottolineatura: la preghiera ed il digiuno si impongono come forze storiche in grado di potere cambiare il corso degli eventi. Se credenti e non credenti si ritroveranno ad essere un cuor solo ed un’anima sola in nome della pace già tanto sarà fatto. L’unica voce sarà ed è “mai più la guerra”, con la consapevolezza che era già di La Pira: la preghiera può essere più potente della bomba atomica.