La poesia di questi tempi…

Poesie sui bambini di Gianni Rodari | Pourfemme

Siamo nel tempo di Pasqua. Rispetto agli altri anni ci sono sapori, odori, colori ed emozioni con sfumature diverse, come differente è la surreale atmosfera di questi giorni. Ma nonostante tutto ci sono cose che non mutano e ci tengono ancora in vita. Era già capitato per la festa del papà e sarà così per la festa della mamma. I bambini, aiutati “a distanza” dalle insegnanti, dai genitori nelle loro camerette o in cucina, nuovamente centro dell’orizzonte domestico, hanno imparato la tradizionale poesia, che come un inno, con l’entusiasmo sempre rinnovato della fanciullezza, hanno cantato, rendendo speciali questi giorni. Come dire c’è sempre spazio, tempo e modo per imparare una poesia!
Può esserci poesia in questo tempo? È paradossale, ma i nostri figli ci ricordano che questo, più di ogni altro tempo, è il tempo della poesia se riusciamo a credere che essa, come direbbe Alda Merini, “non avrà mai porte” essendo svelamento di identità, consegna di parole anche difficili da comprendere perché difficili da digerire. I nostri figli non ci stanno chiedendo forse questo? Essere poeti, profondamente onesti con le parole e con il loro significato dinanzi alle immagini di morte e sofferenza, di paura che scorrono sugli schermi, avere la capacità di trarre insegnamento e senso, speranza da parole che non avremmo mai voluto pronunciargli. Tra l’altro sono essi stessi a pretenderlo ad ogni domanda con cui chiedono una rivelazione liberatoria: quando finirà tutto questo? Ungaretti, poeta del e dal fronte, scrive “la poesia è poesia quando porta con sé un segreto”: i genitori sanno di custodire, ora più che mai, un segreto, potremmo dire, sanno di dover separare e tenere al riparo, da ogni possibile psicosi, la capacità poetica di raccontare il tempo. Perché la poesia è l’arte che racconta la vita “attraverso ritmi, emozioni, parole sfuggenti” (D. Rondoni).
Questo tempo ci richiama alla genitorialità: non si tratta solo di riflettere, seppur necessariamente ancora sull’assenza di adulti significativi, ma su una prospettica che ridefinisca la necessità di una adultità all’altezza dei tempi che viviamo. In questo senso la figura del padre, ad esempio, storicamente, dovrebbe ricondurci alla dimensione della testimonianza: direbbe Recalcati di saper raccontare con dignità e coraggio i limiti della vita contro ogni deriva capitalista, del “tutto è possibile”, acquistare, consumare, evitare la morte. Questo è, così, il tempo della fedeltà alla vita, al progetto originario e i figli, seppur nel turbinio delle preoccupazioni che ci attanagliano ora più che mai, in un momento di convivenza “forzata”, nella sospensione e nell’incognita di ciò che sarà, ci ricordano un punto essenziale: la bellezza dello stare insieme, del ri-finire le nostre esistenze. È ancora un esercizio poetico quello di genitori che non smettono di essere amanti, reinventando il linguaggio, accendendo il desiderio dinanzi alle cose semplici ed essenziali della vita, stando semplicemente insieme ai propri cari, così come non accadeva da tempo!
E allora gli adulti, con le istituzioni che costruiscono e la politica che le governa, si riappropriano del senso originario della cura che oltre ogni dimensione biologica diventa socialmente generativa: noi tutti abbiamo l’occasione di ritrovarci nel volto dei nostri figli che ci ricordano inesorabilmente ciò che siamo stati e ci inchiodano alla responsabilità di come avremo insegnato loro liberamente a camminare e a difendere quello che papa Francesco definisce diritto alla speranza. Ri-generare l’essere adulti per ri-generare il senso di appartenere al mondo, non nella paternalistica accezione di possederlo e controllarlo, ma di un accompagnamento laborioso, discreto, mite, fiducioso, non smettendo mai di ricordare a noi stessi che il senso non è un artificio, non è una tecnica, ma sono anime che si re-incontrano per scherzare, giocare, leggere, costruire, pregare. Tra il senso e il non senso di questi giorni, per dirla con Merleau-Ponty, non ci sarà spazio per la dimenticanza, ma l’irresistibile affermazione di un’umanità che solo tra le braccia di un padre e di una madre possono traboccare. E che una poesia può raccontare!