CLASSE DIRIGENTE …
L’editoriale del New York Times di mercoledì 7 agosto è completamente dedicato al “problema Italia”: non solo Berlusconi, ma anche un centro-sinistra incapace di esprimere un leader ed un programma (http://www.today.it/rassegna/editoriale-berlusconi-new-york-times.html).
Al di là del clamore suscitato, nel resto del mondo, non tanto pare in Italia, dalla sentenza di colpevolezza dell’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi, lo spunto offerto dalla stampa americana è un ghiotto punto di partenza per soffermarsi, tra i tanti, su un aspetto, credo, fondamentale della politica italiana.
Tra le responsabilità più gravi dei partiti e dei politici di ogni schieramento, spesso implicati in storie di corruzione e generale incoerenza, la prima e’ quella di non aver saputo creare alcun ricambio politico generazionale, di non essere stati in grado o di non aver voluto creare o formare una nuova classe dirigente. La nostra politica è sintetizzata oggi – e chi sa per quanto tempo ancora – da un partito in cui regna una leadership spinta fino all’eccesso dell’idolatria personale e da una compagine politica caratterizzata dall’assenza completa della figura stessa di un leader che da luogo ad una lotta “fratricida” per il posto vacante. Due poli completamente opposti con al centro una voragine che determina e rappresenta il vuoto della politica: un vuoto che genera l’antipolitica o una vera e propria apatia, il disinteresse totale verso la res pubblica e tutto ciò che essa dovrebbe rappresentare.
Neanche fosse uno spot pubblicitario tutti, compreso il movimento 5 stelle (spesso ingabbiato dagli umori del leader, tra l’altro, fuori del parlamento), che pure si era presentato come il “nuovo”, invocano un rinnovamento della classe dirigente e la logica della rottamazione, piuttosto che quella della coesione per il bene comune, pervade i luoghi della politica. Il rinnovamento non deve cominciare dalla rottamazione, semplicemente invocata per assecondare strategie di marketing politico, ma dall’oneroso impegno della formazione delle future generazioni. Non una formazione qualsiasi, ma una formazione prima di tutto politica, un’educazione alla progettualità, ad una visione integrale della persona a servizio del bene comune, alla cultura della cura reciproca. Un’educazione che insegni all’uomo a star bene con sé stesso, con gli altri, con il mondo, con la biosfera nel pieno rispetto delle idee e delle istanze culturali ed etiche. Dobbiamo infondere nei nostri figli il senso del dovere, il senso dell’ appartenenza alle istituzioni al servizio dei cittadini.
Le vecchie scuole di partito avevano quanto meno il grande merito di formare uomini e donne con una identità definita, spesso ideologizzata certo, ma in ogni caso punto di riferimento e di confronto tra diverse visioni politiche determinate e ben delineate. Oggi invece si parla in ogni momento di coalizione, il che di per sé presupporrebbe la convivenza di posizioni diverse: troppo spesso, però, c’è un’assoluta inconciliabilità tra i membri della coalizione e ancor peggio, all’interno dei partiti stessi che la compongono . Questo perché ad emergere sono le individualità e non collettività o gruppi che si coagulano attorno a progetti ed idee. E la politica non può prescindere dalla formazione di gruppi che diventino classi dirigenti all’interno delle quali ciascuno deve certamente portare la propria maturità, la propria emotività, senza per questo prescindere da obiettivi e programmi da tutti condivisi ed accettati. Ora, nell’epoca in cui i partiti sono fortemente in crisi, chi assolve o assolverà a quest’opera formativa ed educativa? Il pericolo che già corriamo, oggi, è quello di avere classi dirigenti non formate, diseducate alla politica, a servizio in alcuni casi del leader in altri solo del proprio io, protesi alla conservazione del proprio potere o della poltrona. La necessità di scuole che formino cittadini–politici dovrebbe essere la prima emergenza di tutte le agenzie educative a partire dalla famiglia.
In definitiva c’è la necessità di creare una nuova mentalità che si proietti anche in nuovi modelli formativi: famiglia, scuola, gruppi, associazioni, movimenti, parrocchie, tutti impegnati nel dare gli elementi essenziali e necessari per la partecipazione alla politica prima ed alla vita pubblica poi. Una partecipazione qualificata e consapevole. Le classi dirigenti si formano non si improvvisano!